Quando la tecnologia cambia la vita”
Ing Carmine Battipaglia CEI Presidente CT 64
Può la domotica, che è tecnologia informatica per la gestione integrata della casa, avere un’utilità sociale per le persone. Si riportano di seguito alcune delle funzioni descritte nella norma con i relativi schemi funzionali a cui il progettista deve solo associare i relativi dispositivi di mercato per avere la certezza di rispettare quanto previsto dalla norma.
Ogni prodotto ha il suo scopo: il cibo serve per vivere, gli abiti per proteggersi, i mezzi di trasporto per spostarsi, ma la domotica a cosa serve? Anni addietro nelle case si accendeva il fuoco e le candele, poi – molti anni dopo – con due fili elettrici si è illuminata una lampadina. Oggi non è più così: dispositivi elettronici dialogano tra loro in modalità wireless e si connettono via software per gestire la programmazione degli impianti della casa. La domotica non può quindi essere considerata un prodotto, bensì un sistema. Non è la tapparella automatica, non è la luce che si accende con il telefonino: domotica è integrazione degli impianti (dei molti impianti esistenti in casa) attraverso un sistema che punta a essere l’unico sistema di gestione della casa, integrato con i dispositivi mobili personali (computer, tablet e smartphone).
In un mondo “connesso” in cui la comunicazione digitale attraversa la vita di tutti i giorni, dove lo smartphone è la tecnologia di uso quotidiano, la domotica rappresenta semplicemente, il modo di connettere la casa, di regolare i suoi impianti, di semplificarne la gestione.
Questo oggi è possibile? Sì, ma siamo all’inizio: la tecnologia c’è, i prodotti ormai sono collaudati, per contro la progettazione (ergonomica e non solo tecnologica) ha bisogno di essere sviluppata meglio, l’installazione deve diventare “comune” (con minori costi e senza paure da parte degli elettricisti) e l’utilizzo per l’utente finale deve diventare semplice e intuitivo. E per tutto questo è necessario investire ancora energie e risorse, ma non sul versante delle specifiche tecnologiche, ma su quello dell’ergonomia e delle esigenze della persona.
In questa logica la “domotica ad uso sociale” non è solo – come spesso si considera – una soluzione per “anziani e disabili”, come se la tecnologia fosse utile – solo per il fatto di essere evoluta e innovativa – per chi ha qualche difficoltà più o meno grave. È meglio uscire da questa visione ristretta per capire invece come la domotica, e la tecnologia, possono essere impiegate concretamente per migliorare la vita quotidiana, del “giorno per giorno”, per fare sì che le molte azioni che compiamo, anche per gestire la casa e i suoi impianti e componenti, possano essere più semplici, meno faticose, più comode. E questo può essere realtà per tutti, a maggior ragione per chi ha qualche difficoltà in più. Considerando le possibilità della “domotica ad uso sociale” possiamo, per semplificazione, pensare a due diversi campi di applicazione: la “domotica per l’autonomia” e la “domotica per la sicurezza”.
La prima realizza un impianto che richiede all’utente un’interazione attiva (e di buon livello cognitivo): una domotica con automazioni, dispositivi di diverso tipo che integrati da un sistema di gestione unitario permettono – anche a chi ha difficoltà (soprattutto motorie) – di avere un controllo autonomo della casa per poterci vivere al meglio La “domotica per la sicurezza” è invece pensata per un utente che non ha molta dimestichezza con la tecnologia (come può essere la persona anziana o chi ha disabilità cognitive). È finalizzata soprattutto a garantire condizioni di benessere attraverso soluzioni che possono essere utili sia per lasciare le persone in condizioni di maggiore indipendenza, sia per ridurre – in alcuni contesti – i costi del personale di assistenza quando è preposto solo a verificare che non avvengano incidenti. In alcuni casi può essere necessario puntare sulle automazioni (porte, finestre, tapparelle), in altri casi sui dispositivi di sicurezza (acqua, gas, incendio, controllo dei varchi, sorveglianza della persona). Per altre persone può diventare prioritario l’accesso alla comunicazione (telefono, citofono, videocitofono, ascolto ambientale) o il controllo delle apparecchiature presenti nella casa (dagli elettrodomestici ai dispositivi audio/video). Essenziale quindi utilizzare la tecnologia in relazione alle effettive necessità della persona. Se questo è valido in genere per tutti, a maggior ragione è importante in relazione alle persone con disabilità.
Una delle caratteristiche più interessanti della domotica consiste nella possibilità di utilizzare, anche contemporaneamente, dispositivi di comando differenti. Non essendoci più un legame fisico diretto tra comando e attuatore si possono utilizzare più dispositivi (pulsante a parete, telecomando, computer, smartphone): una specifica, definita come “flessibilità delle interfacce”, che permette alla persona con disabilità di scegliere il tipo di interfaccia più adatta alle sue abilità: dal tasto a parete allo smartphone, dal telecomando dedicato al puntatore oculare per arrivare ai dispositivi a riconoscimento vocale, passando attraverso un’ampia gamma di prodotti specifici e personalizzabili. Anche con un solo movimento residuo (della mano, di un arto o della testa) è possibile comandare un sensore che chiude un contatto di un semplice dispositivo programmato per dialogare con la domotica.
Così non c’è bisogno di un impianto speciale: il sistema domotico è uguale per tutta la famiglia; ogni soggetto, in funzione delle sue caratteristiche, utilizzerà il sistema di comando per lui più adatto. Un impianto domotico integrato è più complicato (perché diventa somma di molti impianti: illuminazione, termostato, automazioni di serramenti, audio/video, allarme); è quindi necessario pensare a istruzioni (come avviene per un’auto o una stampante, che vengono vendute con un manuale utente) e, a fine installazione, a un momento di formazione. Il sistema deve contenere informazioni immediatamente percepibili: in base alla disposizione dei dispositivi nell’ambiente, l’uso del colore o l’utilizzo di pittogrammi per facilitare l’identificazione delle diverse funzioni. La progettazione del sistema dovrà tenere conto non solo degli aspetti impiantistici e tecnologici, ma dovrà prestare attenzione alla semplicità d’uso del sistema e dei dispositivi di interfaccia, cosa oggi facilitata dai dispositivi con interfaccia grafica (smartphone, tablet, pc) che permettono di avere un facile controllo dello stato dell’impianto.
Allo stesso modo è importante considerare il feedback di ogni comando (immediato, se accendo la luce, più complesso se attivo una chiamata di aiuto) che, in modo semplice, deve restituire all’utente la conferma dello stato del sistema. Uno sviluppo di sistemi di interfaccia più semplici e amichevoli (user friendly) porterà, in futuro, a un uso più semplificato della domotica attraverso modalità di comando semplici e intuitive. Molti progetti sperimentali hanno promosso lo sviluppo della domotica ad uso sociale: “comunità alloggio” per una residenzialità a medio/lungo periodo in cui studio degli arredi, dotazioni di ausili e domotica si uniscono per offrire soluzioni di maggiore autonomia; “case dimostrative” che hanno lo scopo di essere delle palestre per la sperimentazione della tecnologia e per mettere alla prova le capacità e l’autonomia residua della persona; “alloggi pre dimissioni”, solitamente affiancati a strutture ospedaliere, per offrire una soluzione abitativa di passaggio dal ricovero ospedaliero alla propria abitazione, utilizzando una struttura dalle caratteristiche domestiche ma al tempo stesso adeguatamente attrezzata e, in questi casi, dotata di tecnologia domotica. Esperienze pilota che hanno permesso di introdurre, nella casa, le diverse soluzioni di domotica, in modo che le persone potessero “toccare con mano” le diverse funzioni: questo ha permesso anche di passare a realizzazioni personalizzate nel contesto domestico delle persone, favorendo la diffusione della domotica che, pian piano, si sta sviluppando anche in Italia.