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Comunità Energetiche Rinnovabili: una opportunità per la transizione energetica in Italia. Situazione attuale e prospettive

Il processo di transizione ecologica ed energetica nel nostro Paese è oramai non più procrastinabile e la questione energetica (in termini di approvvigionamento, costi e relativo impatto sull’ambiente) ci costringe ad un ripensamento delle forme e dei modelli alternativi di produzione dell’energia. In questo senso, le comunità energetiche, basate su un modello innovativo di produzione, condivisione e gestione della risorsa energetica, vanno proprio in questa direzione.

  

Il concetto di energy community è stato introdotto in ambito europeo nel Clean Energy Package for all Europeans (CEP), un insieme di direttive che ridisegnano il settore energetico.
In materia di autoconsumo collettivo e comunità energetiche la Direttiva sulle energie rinnovabili RED II (Direttiva UE 2018/2001) riporta le definizioni di autoconsumo collettivo e di Comunità di Energia Rinnovabile (CER), mentre la Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica EMD (Direttiva UE 2019/944) definisce la Comunità Energetica dei Cittadini (CEC). Entrambe le direttive prevedono la possibilità per i membri della comunità di svolgere collettivamente attività di produzione, fornitura, consumo, condivisione, accumulo e vendita dell’energia autoprodotta; più in generale, l’intento è di promuovere la diffusione e l’accettazione delle FER (fonti di energia rinnovabile) a livello locale, l’efficienza energetica, la partecipazione al mercato degli utenti finali e di facilitare la fornitura di energia a prezzi accessibili per contrastare la vulnerabilità e la povertà energetica con ricadute positive a livello ambientale, economico e sociale. 

     L’Italia ha regolato, in regime transitorio, la creazione di comunità energetiche attraverso il Decreto Legge Milleproroghe 2020, che ha introdotto le basi per la costituzione di comunità energetiche rinnovabili (CER) e di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente (AUC).

Successivamente, attraverso i decreti legislativi 199/2021 e 210/2021, le direttive europee RED II e la EMD, son state recepite definitivamente; inoltre nel dicembre 2022 l’Autorità per l’Energia (ARERA) ha pubblicato il TIAD, Testo Integrato sull’Autoconsumo Diffuso, un provvedimento che definisce le differenze tecniche e amministrative tra le diverse configurazioni che possono accedere alla tariffa incentivante quali comunità energetiche rinnovabili, comunità energetiche dei cittadini, gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente e autoconsumatori individuali a distanza, direttamente connessi tra loro o collegati dalla rete di distribuzione. Ad oggi, mancano alcuni provvedimenti che definiscono gli elementi tecnici e funzionali per la realizzazione delle energy community, quali il Decreto del MASE, al momento in fase valutazione da parte della Commissione Europea, che disciplina gli incentivi per le diverse configurazioni dell’autoconsumo.

Le comunità energetiche ad oggi costituite (poche decine) sono basate sulla normativa transitoria (ai sensi della Legge n. 8/2020) e difatti sono di dimensioni modeste, con impianti fotovoltaici di potenza fino a 200kW e con utenze che si attestano sulla stessa cabina secondaria.

La normativa si è evoluta, in sostanza, verso un quadro regolatorio che prevede una disciplina più organica e un ampliamento dell’ambito di applicazione delle CER (comunità energetiche rinnovabili) sia in termini tecnologici (impianti di potenza massima di 1 MW e non più 200 kW, previste varie tecnologie FER e non più solo il fotovoltaico), che territoriali (il perimetro di pertinenza si estende dalla cabina di trasformazione secondaria alla primaria, consentendo di includere migliaia di potenziali membri). Inoltre, viene estesa la pletora della tipologia di membri che possono aderire ad una CER, includendo tra essi gruppi di cittadini, condomini, piccole e medie imprese, enti locali, cooperative, associazioni, terzo settore ed enti religiosi.

Non da meno, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede, nella Misura 2, Componente 2, Investimento 1.2 “Promozione rinnovabili, Comunità energetiche e autoconsumo”, prevede l’allocazione di 2,2 miliardi di euro per le iniziative di CER e di autoconsumo collettivo costituite nei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. L’accesso ai fondi avviene, come per le tariffe incentivanti, presentando domanda a sportello esclusivamente tramite il sito del GSE; in ogni caso si attende la pubblicazione del decreto ministeriale per l’attuazione della misura.

Uno degli aspetti accattivanti per quanti vogliano aderire a una comunità energetica rinnovabile è di fatto quello dei benefici economici. Il Legislatore ha previsto una serie di misure che vanno a favorire in particolare l’energia condivisa, ovvero la quantità di energia prodotta dagli impianti a energia rinnovabile, ceduta alla rete e che contemporaneamente viene utilizzata da qualcuna delle utenze appartenenti alla CER. Le entrate economiche sono costituite sia dal corrispettivo per l’energia elettrica ceduta alla rete (corrispondente al prezzo zonale orario) che dall’incentivo ventennale in tariffa per l’energia condivisa.

Quest’ultimo, previsto nel decreto del MASE, riguarderà tutte le tecnologie rinnovabili e le diverse configurazioni di autoconsumo; la potenza finanziabile è pari a 5 GW, con un limite temporale fissato a fine 2027. Le comunità realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti potranno inoltre ottenere l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 40 % dell’investimento (dai fondi del PNRR); in questo caso la potenza massima agevolabile è pari a 2 GW, fino a giugno 2026.

L’investimento per attivare una CER dipende dalla dimensione dell’impianto da realizzare e dalle tecnologie a supporto (sistemi di accumulo, sensoristica associata ai POD, software di gestione) e da altre spese quali studi di fattibilità, progettazione, spese per la costituzione, spese di gestione, etc.  Simulatori come Recon stimano il costo dell’investimento e i tempi di ritorno; questi ultimi sono strettamente influenzati dal fatto che si possano chiedere incentivi (ecobonus) o che si finanzi la spesa tramite prestiti bancari, oppure che ci sia un investitore terzo che recupera la spesa dai risparmi conseguiti (modello ESCO). In buona sostanza, non c’è una casistica di costi e tempi di ritorno standard ma bisogna caso per caso fare degli studi di prefattibilità tecnico-economica per valutare questi fattori in base alla dimensione della CER stessa e al tipo di finanziamento.

Nelle configurazioni CER le tecnologie FER utilizzabili sono il fotovoltaico, le biomasse, l’eolico e l’idroelettrico.

La ARERA, con deliberazione  318/2020/R/eel, del 4 agosto 2020, ha provveduto a fornire alcune indicazioni circa la forma giuridica che le CER potrebbero assumere, prevedendo che “… le comunità di energia rinnovabile possano essere costituite in qualsiasi forma giuridica (associazione, cooperativa, consorzio, partenariato, organizzazione senza scopo di lucro, ’società benefit‘, società a responsabilità limitata, associazione temporanea di imprese), purché tali entità, agendo a proprio nome, possano esercitare diritti ed essere soggette a obblighi.”

La comunità di energia rinnovabile deve pertanto costituirsi come soggetto giuridico autonomo; il modello giuridico più idoneo va valutato anche in funzione della tipologia dei membri (ad esempio se partecipa un soggetto pubblico o un’impresa privata). Tra i modelli giuridici finora maggiormente utilizzati vi è quello dell’associazione, che ha costi di gestione bassi e obblighi di organizzazione relativamente semplici. Un altro modello utilizzato è quello delle società cooperative, tra cui le cooperative di comunità.

Se è vero che tra gli obiettivi delle CER c’è quello di combattere la povertà energetica, è nella destinazione e ripartizione dei benefici che si determina l’effettivo impatto delle CER dal punto di vista sociale. I modelli percorribili sono molteplici: si può ipotizzare che i partecipanti rinuncino interamente ai propri benefici economici a favore di progetti sociali, oppure che i benefici possano essere condivisi tra i membri stessi; o invece che i benefici raccolti si possano destinare al Comune (che li reinvestirà in servizi sociali) o ad un ente del terzo settore (che li utilizzerà per finanziare le proprie attività) o infine che possano essere destinati unicamente ai membri della CER in condizioni di povertà energetica.

In attesa dell’entrata in vigore dei necessari provvedimenti attuativi che daranno piena attuazione al quadro regolatorio definitivo, è possibile pianificare e valutare iniziative per la costituzione di CER tramite diversi tipi di strumenti attualmente disponibili sul mercato da utilizzare nella fase di avvio.

Tra questi citiamo RECON (Renewable Energy Community ecONomic calculator, https://recon.smartenergycommunity.enea.it) uno strumento sviluppato da ENEA, finalizzato a supportare valutazioni preliminari di tipo energetico, economico e finanziario delle configurazioni di comunità energetica rinnovabile (CER) o di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, ed è conforme alla normativa transitoria definita dall’Art. 42 bis della Legge n. 8/2020. RECON calcola la resa energetica, l’autoconsumo e la condivisione dell’energia, l’impatto ambientale (riduzione delle emissioni di CO2), i flussi di cassa attualizzati e i principali indicatori finanziari (VAN, TIR, payback time, ecc.) considerando diverse forme di finanziamento dell’investimento, le detrazioni fiscali e gli incentivi introdotti dalla recente normativa. 

Contestualmente è opportuno avviare le azioni necessarie volte al coinvolgimento dei possibili membri di una CER, attraverso azioni informative sulle opportunità da essa offerte e anche con il supporto di strumenti in grado di valutare i consumi energetici residenziali. Il tool Smart Sim sviluppato da ENEA, ad esempio, costituisce uno strumento per la valutazione dei propri consumi e quindi è propedeutico all’ingaggio degli utenti di una CER (https://www.smarthome.enea.it/smartsim/login) poiché valuta l’entità della domanda di energia da parte dei potenziali membri. 

Tra gli strumenti indispensabili a supporto delle CER ci sono poi le piattaforme di monitoraggio e gestione in grado a ottimizzare i flussi energetici nel perimetro delle comunità attraverso un controllo ottimale della produzione di energia e della gestione della domanda, anche in ottica di flessibilità energetica verso servizi aggiuntivi come la mobilità elettrica.

Le comunità energetiche rappresentano senza dubbio un modello innovativo per il cambio di paradigma in chiave sostenibile che oggi dobbiamo affrontare, in quanto sostengono la partecipazione dei cittadini alla transizione del sistema energetico e alla condivisione dei benefici generati.

Basandosi sul principio di cittadinanza attiva e sulla partecipazione di diversi attori sociali e promuovendo la produzione di energia da fonti rinnovabili, le comunità energetiche possono di fatto rappresentare importanti acceleratori di una transizione ecologica sostenibile che non può prescindere da una responsabilizzazione individuale e collettiva rispetto al tema della produzione, della gestione e del consumo di energia. 

 

Un significativo fattore innovativo delle comunità energetiche riguarda proprio l’aspetto sociale in quanto implicano la collaborazione di cittadini, imprese e amministrazioni nella produzione e condivisione di energia rinnovabile in uno scambio tra pari, promuovendo processi di inclusione e partecipazione che mirano al contrasto della povertà energetica e al coinvolgimento di utenti che sarebbero altrimenti esclusi dal mercato. Un ulteriore elemento riguarda l’aspetto energetico-ambientale, giacchè viene favorita la produzione da FER con l’obiettivo di traguardare il prossimo e necessario abbandono delle fonti fossili, con un duplice impatto: il primo di natura ambientale in quanto si riducono le emissioni climalteranti, il secondo di natura politica in quanto il paese si svincolerebbe dalla dipendenza energetica dall’estero con l’ottica di perseguire l’indipendenza energetica.

Claudia Meloni, ENEA