L’edilizia e la circolarità delle risorse: attualità ed opportunità
L’edilizia, com’è noto, è un settore alquanto pervicace alle innovazioni nonostante l’evidenza, anche misurabile, della carente qualità in cui versa la maggior parte del patrimonio costruito; generalmente “si continua a fare come si è sempre fatto”. Eppure, le ridotte prestazioni tecnologiche degli involucri edilizi dei nostri ambienti di vita e lavoro sono state oltretutto ottenute a discapito delle risorse naturali, utilizzate in modo massiccio nel corso di questi ultimi decenni per procurare la materia prima necessaria a produrre i materiali ed i componenti edilizi. Come ricordava Enzo Tiezzi (compianto scienziato italiano di fama internazionale) nel suo libro “Tempi storici, tempi biologici” esiste un profondo conflitto tra i rapidi tempi storici dello sviluppo delle società e i lenti tempi biologici di adattamento e trasformazione della natura, dell’ambiente e delle risorse in esso depositate.
È bene ricordare che, a scala europea, per la costruzione e l’uso degli edifici si utilizza circa la metà dei materiali estratti e del consumo energetico e 1/3 del consumo idrico; inoltre, le attività edilizie generano circa il 30% del totale dei rifiuti prodotti. “Take-make-use-dispose” sintetizza l’approccio lineare ai sistemi produttivi attraverso l’estrazione di risorse naturali, la trasformazione, l’uso e la dismissione, che determina chiare esternalità ambientali contribuendo all’aumento delle emissioni di CO2, all’ampliamento delle discariche, al consumo idrico ed all’aumento degli inquinanti atmosferici. Nello specifico, le pressioni ambientali – dirette ed indirette – associate alle differenti fasi del ciclo di vita di un edificio si ascrivono derivano delle attività di fabbricazione dei prodotti da costruzione, di costruzione, uso e manutenzione, ristrutturazione ed infine dismissione. Pertanto, ogni scelta progettuale implica conseguenze che, per quanto non immediatamente visibili in termini di effetti ambientali, contribuiscono al carico complessivo che l’ambiente (sempre meno) riesce a sopportare.
Donatella Meadows, Dennis Meadows e Jørgen Randers se n’erano già accorti nel 1972 quando, per il Club di Roma, pubblicarono il celebre “The limits of growth” al quale, dopo quasi cinquant’anni ha fatto di recente eco il rapporto “Come In!” che a differenza della visione catastrofica del primo libro presenta scenari ancora possibili, purché la società cambi mentalità e tenti di ritrovare l’equilibrio perduto tra genere umano e natura nel rispetto dell’ambiente.
A partire dai primi anni 2000, la Comunità Europea inizia a promuovere una maggiore efficienza delle risorse in edilizia ed in particolare con la (COM (2014) 445 final) testualmente invita alla riduzione degli impatti ambientali lungo il ciclo di vita di un edificio attraverso “una progettazione migliore dell’edificio che calibri l’uso delle risorse rispetto alle esigenze e alla funzionalità dell’edificio e che tenga conto degli scenari di demolizione selettiva”; “pianificando meglio le attività di cantiere per garantire un maggior uso di risorse e prodotti efficienti sotto il profilo energetico”; “promuovendo la fabbricazione di prodotti da costruzione più efficienti sotto il profilo delle risorse, grazie, al ricorso a materiali riciclati, al riutilizzo di materiali esistenti (…)”; “promuovendo una costruzione e una ristrutturazione più efficienti sotto il profilo delle risorse, in cui si riducono i rifiuti edili e si riciclano/riutilizzano i materiali e i prodotti in modo da smaltire in discarica meno rifiuti”.
In particolare, con la comunicazione COM (2015) 614 final) “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare”, al punto 5.4. Rifiuti di costruzione e demolizione si ricorda l’importanza del recupero e riutilizzo dei rifiuti per ottimizzare le risorse in essi ancora incorporate; pertanto, per gli impatti ambientali indotti, emerge l’importanza di assumere comportamenti che rispondono all’approccio circolare in particolare nelle costruzioni. Tuttavia, data la complessità del settore, ciò appare più facile a dirsi che a realizzarsi: le differenti fasi del ciclo di vita di un edificio, dalla estrazione delle risorse fino alla dismissione del manufatto costruito implicano ognuna specificità che richiedono competenze multidisciplinari e soprattutto volontà di cambiare strategie e prospettive.
Infatti, se come recita il titolo di un recentissimo rapporto europeo “Circularity by design” del 2017, la circolarità si persegue attraverso la progettazione (e non soltanto o esclusivamente riferita ad “oggetti” edilizi), il cambiamento di mentalità ed approccio deve riguardare tutti gli operatori del processo edilizio: produttori, progettisti, imprese, operatori commerciali, amministratori, ecc.
Quali opportunità per il settore?
La regione Sardegna, nella vision della Smart Specialisation Strategy è “concepita come Ecosistema sostenibile aperto all’innovazione”, aspetto che prelude alla possibilità di “investire sulle capacità delle persone per creare opportunità di lavoro sostenibile in una società inclusiva che goda di un ambiente rispettato, valorizzato e protetto”. Questo profilo è pienamente coerente col più ampio settore della bioeconomia, che presuppone peraltro attività produttive environmental friendly, prevedendo di “Gestire le risorse naturali in modo sostenibile” e “Ridurre la dipendenza dalle risorse non rinnovabili”, attuando una “Governance partecipativa e dialogo informato con la società” (si veda in proposito la COM (2012) 60 final).
In questo scenario, la Regione Sardegna in questi anni ha promosso il “Documento di indirizzo per migliorare l’efficienza energetica in Sardegna 2013- 2020” (facente parte delle strategie del Piano Energetico Ambientale al 2020), in cui al paragrafo CIV05 si parla di “Uso di materiali, tecniche e tecnologie locali della tradizione e innovativo-ecocompatibili” e si afferma che “sarà lecito ed opportuno prevedere nei regolamenti edilizi l’adozione di incentivi e detrazioni fiscali, o di premialità di vario genere, in seguito all’utilizzo di materiali e componenti derivanti da attività di riciclaggio”.
Va da sé l’insieme delle opportunità che si prospettano per il settore produttivo, commerciale, tecnico e scientifico legate all’eco-innovazione (di cui ricordiamo anche l’Eco-Innovation Action Plan del 2011 (EcoAP) connesse alle settore edile in particolare; per contro, è necessario ed indispensabile aggiornare le strutture culturali e le conoscenze per preparare il tessuto sociale ad accogliere le innovazioni all’orizzonte.
Tali innovazioni, come detto, investono tutti gli attori della filiera delle costruzioni, alle differenti scale: dalla produzione, alla costruzione, alla manutenzione e gestione fino alla dismissione; ma, per coerenza, aggiungiamo anche il recupero e riutilizzo di scarti e rifiuti e le relative innovazioni specifiche.
In sintesi, alla scala del prodotto e del processo produttivo, si tratta di ridurre: il prelievo di risorse naturali aumentando il reimpiego di materiali “post consumo”; il consumo di energia e di acqua; l’immissione di inquinanti in ambiente, progettando prodotti e componenti reimpiegabili a fine vita. Alla scala del progetto, si tratta: di imparare ad utilizzare materiali e prodotti ad elevato profilo ambientale (dove possibile), alta efficienza energetica e basso contenuto di energia incorporata; di definire soluzioni costruttive e di assemblaggio di materiali e componenti che permettano a fine vita la separazione e la dismissione selettiva, favorendo quindi il reimpiego; di favorire il reimpiego dei prodotti, materiali e componenti preesistenti, incentivando (per quanto possibile) il recupero del costruito.
In conclusione, il crescente interesse per la green economy lascia ben sperare ma serve un impegno costante e continuo da parte di tutti oltre alla presenza di specialisti di settore, consapevoli delle responsabilità ambientali che ognuno di noi ha e del fatto che la “rivoluzione circolare” riguarda l’intera società.
Arch. Antonello Monsù Scolaro
Ricercatore universitario di Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari.